Pensieri ed Emozioni

Ricordati di vivere

Qualche anno fa, un mio caro amico – dopo la morte di sua mamma- in un momento di sconforto mi ha chiesto: «come hai superato il lutto di tuo padre?»

Sono rimasta interdetta da quella domanda, forse perché non me l’aspettavo o forse perché non sapevo cosa rispondere. Ricordo che ci ho pensato per giorni, forse anche mesi. Mi interrogavo su quella domanda e su altre domande che sono emerse dopo la sua. Come con il vaso di Pandora, aveva aperto un mondo dentro di me fatto di dubbi e interrogativi:

E questa l’impressione che do alle persone all’esterno?

Ho “superato” davvero il mio lutto?

Cosa si intende per “superato”?

In realtà io e il lutto non siamo mai andati d’accordo. Non siamo stati amici, anzi io l’ho detestato. Provengo da una città dove il lutto di una persona viene manifestato con il colore nero, così sono cresciuta vedendo mia nonna sempre vestita di nero, poi è toccato alle mie zie e infine a mia madre. Ho odiato quel retaggio culturale, come se bisognasse in qualche modo “mostrare” quel dolore, come se soffrire così tanto fosse di aiuto a chi resta e un atto d’amore per chi invece non c’è più.

Ho lentamente iniziato a rifiutare il colore nero, credo che oggi nel mio armadio non ci sia più nulla di nero o comunque ormai ho pochissime cose. Più mia mamma si vestiva di nero e più io usavo i colori forti come il giallo e l’arancione. Più la mia famiglia piangeva e più io sentivo il bisogno di ricordare con gioia mio padre.

Non ho ancora capito come si supera il lutto, nonostante siano passati quasi 13 anni, e non ho una risposta a quella domanda. Credo che non ci sia un modo giusto, forse ognuno fa quello che può per sopravvivere a quel dolore. Di sicuro il mio – negli anni – non è stato relegato solo al portare i fiori al cimitero, dire una messa il giorno del compleanno o piangere con nostalgia ogni volta che nomino mio padre.

Ho trovato anche io il mio modo. Un modo che lo facesse vivere per sempre. Cosi se ascolto la musica nei miei viaggi in auto, mi viene voglia di cantare e so che lui è li con me. So che c’è ogni volta che prendo un caffè con un’amica o quando durante una conversazione ricordo una sua citazione. C’è ogni volta che scrivo qualcosa e cerco i sinonimi come faceva lui sul vocabolario. Continua ad esserci in ogni cartolina o calamita che porto da un viaggio all’estero. C’è nell’odore della pagine di un libro nuovo.

Non so se questo si può chiamare “Lutto” e non ho ancora ben capito cosa intendano gli altri ma soprattutto cosa si aspettano da una persona che è in lutto. So solo che quando pronunciano quella parola vedo sempre tristezza nei loro occhi, eppure io non mi sento mai così quando parlo di mio padre.

Nonostante riconosco che la vita lo abbia portato via troppo presto, c’è una lezione che mi ha insegnato più di ogni altra: vivere bene.

Sono cresciuta sentendomi dire la maggior parte del tempo che non avrebbe avuto una vita lunga e che sarebbe potuto morire da un momento all’altro. Quando ero piccola non capivo perché ci dicesse continuamente così, ora so che voleva solo prepararci ad essere pronti all’inevitabile e ad andare avanti.

Credo che non si fosse mai reso conto di come quella perenne paura fosse invece un privilegio e di come “avere i giorni contati” ci avesse fatto vivere intensamente ogni momento della nostra vita. Così, bere il caffè insieme a 14 anni diventava un evento speciale, ricevere le chiavi di casa a 18 anni era un traguardo e ad ogni vacanza insieme aveva l’abitudine di registrare una cassetta con le canzoni del momento da cantare in auto. Riusciva a trovare sempre un nome per ricordare quel particolare istante di vita, l’ultima si intitolava: “andante Giuseppe a medicina”. Non poteva ancora sapere che non ci sarebbero state più le musicassette, ma noi le abbiamo conservate tutte.

Mi sono resa conto, in tutti questi anni, che è stato questo il regalo più grande che ci ha fatto, perché – senza volerlo – ci ha insegnato che non è importante la quantità ma la qualità, ci ha mostrato come non affannarci per raggiungere grandi cose ma di inseguire le piccole perché è lì che si nasconde la vera felicità. Ci ha mostrato vivendo come condividere un momento semplice con chi vuoi bene è ciò che conta.

Oggi il mio papà avrebbe compiuto 70 anni, non sono andata al cimitero, non ho portato i fiori e non sono andata a messa, ma ho deciso di ricordarlo e di festeggiarlo ancora una volta a modo mio.

Ho trascorso il pomeriggio a fare biscotti insieme ad una mia amica e sono sicura che in quella stanza piena di amore, lui c’era.

Con il ricordo e non con il lutto.

2 commenti

  • Sabrina Modica

    Ciao cara, hai scritto delle bellissime parole! Ti vorrei fare leggere il mio libro L amore non muore mai in cui parlo di come ho superato la morte di mio padre, superato… Come dici tu… Non si supera mai ma si va avanti però adesso riesco a gioire di ogni segnale che mi manda e sono serena. Per questo ho deciso di dare la mia testimonianza, raccontando come ho fatto! È un libro bellissimo che ti abbraccia e ci sono anche 4 canzoni da inquadrare con il QR code, te ne lascio qui una! Un abbraccio!

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